TEATRO (Il desiderio preso per la coda e Le quattro bambine) Pablo Picasso





 Titolo:Il desiderio preso per la coda
           Le quattro bambine

 Autore:Pablo Picasso
 Editore:  Ubulibri
 Pagine:125
 Prezzo:15,00











“Queste due pièce teatrali degli anni '40 appaiono assai importanti, rivelandoci un Picasso litteratissimo, perfino eccedente nel gusto di una ricerca verbale sofisticata, autofondata, e nostalgicamente rivolta a celebrare il passato, le avanguardie ruggenti tra fine Ottocento e primi del Novecento. (…)
Le due pièce si dividono saggiamente le parti: la prima in ordine di tempo, Il desiderio preso per la coda, è un devoto omaggio dedicato, mezzo secolo dopo, a Ubu e alle sue stilizzazioni tenute su una ostentata chiave grottesca, mentre il successivo Le quattro bambine si distende negli spazi eterei di delicati bestiari e erbari, quali trovano posto solo in giardini incantati, dove non si tratta quasi mai di porsi dei fini descrittivi, ma piuttosto di affidarsi al demone associazionistico e di celebrare tanti accostamenti folli e strampalati tra fiori, insetti, astri, accidenti metereologici, al seguito più che altro dei suggerimenti molto concreti provenienti dal suono delle parole. 
Si tratta, in sostanza, di un enorme ed esteso cadavre exquis, attento però a gettare nella fornace materiali lessicali tutti perlopiù di provenienza alta e nobile, stilizzata e rarefatta, in modo che appunto ne risulti un incantato balletto verbale.”
(dall'introduzione di Renato Barilli)




IL DESIDERIO PRESO PER LA CODA

Titolo originale: Le désir attrapé par la queue
Traduttore: Gian Antonio Cibotto



PERSONAGGI


Il Piede Grosso: 

è il protagonista egocentrico, esagerato e anche, non a caso, un po' "artista" di questa prima pièce.
Ci troviamo davanti ad un vero e proprio Don Giovanni che con la sua bellezza riesce a far innamorare chiunque.
Questa figura di piede deformato, ingigantito e senza proporzioni reali viene spesso rappresentato nei quadri di Picasso e forse è simbolo di un individualismo portato all'estremo.


La Cipolla:

è sposata con Piede Grosso, ma viene ripetutamente tradita e sprofonda per questo, in un dolore senza rimedio.
La cipolla è legata al pianto e a mio avviso non è stata una scelta casuale.
Rappresenta la tristezza, la disperazione, la delusione, l'amarezza della vita e dell'amore.


La Torta: 

esprime il sogno erotico di tutti, tanto che spesso entra in scena nuda vestita solo con le calze, ostentando così perversione e provocazione.
Tutti desiderano la torta che diventa una trasgressione da commettere ogni tanto, un'ossessione per sfogarsi e riempirsi. 
Dai personaggi femminili viene vista come una sgualdrina, una poco di buono pronta ad accaparrarsi tutti gli uomini. Questa sua fama attira odio e gelosie.


La Cugina: 

nonostante questo personaggio parli spesso, le sue affermazioni risultano faziose e prive di peso; 
è troppo accondiscendente e privo di personalità, risultando così ai margini del racconto, quasi una spalla della Cipolla.


Il Puntale Rotondo:

questo personaggio, dal chiaro simbolismo fallico, mi ha dato l'impressione di avere il compito di paciere all'interno della pièce, intervenendo solo per richiamare l'ordine e dire la sua.
Sembra il più equilibrato, quasi un alter ego del Piedone.


I Due Cagnolini:

questi due personaggi risultano estranei alle vicissitudini del racconto, limitandosi sporadicamente ad abbaiare e leccare i protagonisti.  


Il Silenzio:

si spoglia degli abiti lamentandosi del caldo:
con questa operazione mostra, forse,  di voler far spazio alle parole.


L'Angoscia Grassa e l'Angoscia Magra:

sono due sorelle, 
spesso consolano e guariscono dalle ferite dell'amore i protagonisti.
Sembra che per curarsi si debba necessariamente passare per l'angoscia, viverla e così risanarsi.


I Sipari:

si occupano di aprire e chiudere la scena, ma l'idea geniale di Picasso è stata quella di farli vivere all'interno di essa, da protagonisti.
Con questo accorgimento l'autore ha voluto togliere dei limiti, dei confini che ora sono indifferentemente all'interno e all'esterno senza delimitare, così, lo spazio.



Ho dovuto rileggere più volte certi passaggi perché come nei suoi quadri a colpo d'occhio non si può capire effettivamente quanta genialità egli racchiuda all'interno delle sue opere d'arte.
Ad esempio il protagonista Piede Grosso che è un poeta e scrive spesso durante la pièce,
propone dei versi di senso compiuto, ma senza però un senso logico;
o meglio, sembra quasi che la poesia venga scomposta e le frasi fatte a pezzi con un'accetta per poi venir mischiate e ricomposte secondo una logica quasi interiore, con un'intelligenza emotiva che ricorda moltissimo il cubismo dove le forme perdono totalmente il proprio significato per ritrovarne uno nuovo grazie a nuovi mezzi espressivi, forse più viscerali.
Un'orgia di personaggi surreali e fantasmagorici che Picasso mette in piedi grazie alla sua abilità:
d'altronde è un artista che ha avuto bisogno “di quattro anni per dipingere come Raffaello e poi tutta una vita per imparare a dipingere come un bambino”.
Questo è il punto: riuscire ad esternare e comunicare delle emozioni,
e il modo più efficace è sicuramente quello dell'ingenuità e della purezza di un bambino che vive e sente secondo dei canoni interni, infatti, come ha scritto l'autore “ci vogliono molti anni per diventare giovani, così come ci vuole molto talento per diventare vecchi senza diventare adulti”.
Picasso ha cercato di cogliere l'eccesso per ritrovare quella sensibilità infantile che permette di trasformare l'opera in essenziale.
Un altro aspetto che mi ha colpita è stato il continuo riferimento al sangue ed urina.
In tutta la pièce l'autore mischia questi due elementi, unendoli per sottolineare il dolore; 
insieme servono quasi a caricare di pathos l'angoscia, attraverso un ritorno all'infanzia, in cui si è privi di autocontrollo.
Non basta il sangue, l'urina aggiunge quella disperazione in più, quel dolore in eccesso che porta quasi alla follia. 
Sicuramente anche il periodo storico ha influenzato primariamente l'ideatore della pièce: infatti il tema della Seconda guerra mondiale ritorna frequente nel suo percorso artistico, diventando quasi un'ossessione e portandolo spesso ad impersonare il popolo spagnolo straziato dagli orrori delle battaglie.
Un'altra importante influenza viene data dall'espressione del Teatro dell'Assurdo, che proprio in quegli anni si stava affacciando sulla scena europea. 
Le peculiarità di questo nuovo modo di far teatro sono sicuramente il distacco da una struttura drammaturgica razionale e il rifiuto di un linguaggio logico, lasciando spazio agli stati d'animo e alle emozioni, anche quando apparentemente senza senso.
I dialoghi sono privi di coerenza, spesso ripetitivi, ma capaci di far sorridere nonostante il senso tragico del dramma che stanno vivendo i personaggi.






“L'angoscia magra: 
(guardando il piede grosso)
È bello come una stella. È un sogno ridipinto con l'acquerello su una perla.
I suoi capelli hanno l'arte degli arabeschi complicati del sale del palazzo dell'Alhambra e il suo incarnato ha il suono argentino della campana che intona il tango della sera alle mie orecchie piene d'amore. Tutto il corpo risplende della luce di mille lampadine elettriche accese. I suoi pantaloni sono gonfi di tutti i profumi d'Arabia. Le sue mani sono trasparenti gelati color crema e pistacchio.
Le ostriche dei suoi occhi rinchiudono giardini sospesi alle parole del suo sguardo, e il colore di minestra d'aglio che lo inquadra, spande una luce talmente dolce sul suo petto, che il canto degli uccelli nell'aria resta attaccato come un polipo all'albero del brigantino che nei risucchi del mio sangue naviga sulla scia della sua immagine.”




LE QUATTRO BAMBINE

Titolo originale: Les quatre petites filles
Traduttore: Jean-Paul Manganaro




La seconda pièce teatrale pubblicata su questo libro è leggermente diversa, 
è  stata scritta nel '47 in Costa Azzurra:
parla di 4 bambine che giocano in un orto, la scena è povera e molto simbolica ed ogni volta che si chiude il sipario vengono aggiunti o tolti pochi elementi: un pozzo, una barca, una capra, una gabbia, un tavolo.
Si parla di infanzia, di libertà, di gioco e spensieratezza il tutto spogliato da descrizioni superflue.
Si intravvede benissimo il tema del Blu, iniziato in passato con l'ossessione per la morte del caro amico Carlos Casagemas suicidatosi dopo il rifiuto di una ballerina di cui era innamorato;
un linguaggio monocromo in grado di far comprendere intimamente questo dispiacere, appunto Blue.
Come ricorda il pittore “L'arte è figlia della tristezza e del dolore” e anche in questa pièce il dolore è il vero protagonista, 
il dolore per la tragica condizione umana e sociale che in piena Seconda guerra mondiale torna a perseguitare l'artista.
La scena si riempie di insetti, astri, fiori, colori e forme, tutte con forte valenza simbolica che egli ha saputo miscelare con destrezza.
I monologhi sono criptici e le scene surreali, 
e ancora una volta la nudità, l'urina, il sangue e le interiora rendono la pièce grottesca e a tratti brutale, ma fortemente allusiva.

A mio avviso questo libro non deve mancare se si vuole comprendere fino in fondo un genio di tale calibro.




“Bambina IV

Il blu, il blu, l'azzurro, il blu, 
il blu del bianco, il blu del rosa, 
il blu lilla, il blu del giallo, il blu del rosso, 
il blu limone, il blu arancio, 
il blu che stilla dal blu 
e il blu bianco e il blu rosso e il blu delle palme del blu limone delle colombe bianche, 
ai gelsomini in campi d'avena, in canti verde mandorla smeraldo.”





































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